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Quelli che consideriamo problemi

 


Quelli che consideriamo problemi e che erroneamente pensiamo che ci tolgano la salute, non sono mai sicari, ma mandanti: ci mettono tra le mani l'arma con cui noi perpetreremo il delitto, ma li incolperemo sempre delle nostre disgrazie.
A monte di una difficoltà c'è solo un ostacolo.
Nient'altro.
Siamo noi a trasformarlo in un problema.
Sembrano parenti e non lo sono, perchè mentre l'ostacolo necessita che ci mettiamo in gioco studiando strategie per aggirarlo o per superarlo, quindi potenzialmente ci può rendere persino migliori, il problema, su un piano strettamente emotivo, ci ha già fermato.
Ci mette nella condizione di dover constatare i nostri limiti, di rammaricarci del fatto che sia toccato proprio a noi, di dubitare di saperlo affrontare e ci dà una lungimiranza capace di riconoscere la catastrofe nelle conseguenze.
Dopodichè, a conti fatti, se fossimo sufficientemente lucidi per accorgercene, tanto gli ostacoli, quanto i problemi hanno una risoluzione (e la matematica ce lo insegna): questo è il solo aspetto che li accomuna.
Non siamo dei Padreterno e non ci è chiesto di fare miracoli,  ma di crederci sì! Se c'è qualcosa che ci ha contrariato o deluso nel passato, non dobbiamo permettergli di affacciarsi al presente come se fosse un fantasma, ma togliergli il lenzuolo di dosso e guardarlo per ciò che è: un fatto successo, parte di quel fortunato meccanismo degli eventi per cui tutto accade.
Tutto accade: queste parole sono, al contempo, il regno del possibile e dell'inesorabile. Tutto accade grazie a noi e nonostante noi.
Solo quando ce ne saremo finalmente convinti, capiremo che possiamo fare la differenza.

Commenti

  1. La (T)ua riflessione, (A)micheTTa mia, è certamente condivisibile; soprattutto a freddo. Il fatto è che, a caldo, tendiamo a vedere il solo nero. Un ostacolo di un metro ci appare alto quanto un palazzo. Tuttavia, il tutto è mediato dalla nostra indole. Più si è emotivi e più i problemi destabilizzano, ci insidiano e dilatano i tempi della risoluzione.
    Ma il sole sorge ogni giorno, e ogni giorno ci viene data la possibilità di fare meglio e accettare ciò che non possiamo cambiare...

    Di' a (L)ala di indossare i fantasmini, ché oggi (C)huck la porterà per campi a liberare i (S)ospireTTi...

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    1. Condivido la (T)ua osservazione sulla temperatura a cui affrontiamo un ostacolo. Penso che non sia soltanto fisiologico ingigantirlo "a caldo": è lo strumento di difesa che adottiamo nell'imminenza di un pericolo e ci serve a difenderci. Per giunta ingrandirlo consente di vederlo meglio e pianificare "a freddo" le mosse per aggirarlo non appena l'avremo ridimensionato.
      Fuorviante è assegnargli l'etichetta di problema, anzichè intenderlo più proficuamente come una sfida.
      (A)micheTTo (F)urbetto, (L)ala indossa i fantasmini per saltellare scalza. Pensa la sua (F)elicità a scorrazzare con (C)huck per i prati!

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  2. Mia cara amica, proprio nel giorno in cui hai postato questo pensiero, il mio più caro amico di infanzia si è tolto la vita, sopraffatto da tanti problemi, che forse per lui erano diventati un alibi ma che lo avranno sopraffatto a tal punto da non poter tornare più indietro. Rileggere dopo dodici giorni queste righe mi fa riflettere ancora di più sulla portanza di questo pensiero, e non a caso uso un termine mutuato dall'aeronautica. Molte volte però credo che invece che togliere i lenzuoli di dosso a fine gioco, sarebbe meglio strapparli prima che ci facciano paura.....dopo forse potrebbe essere troppo tardi....proprio perchè tutto accade grazie a noi, e nonostante noi.... Ti abbraccio forte e grazie per le tue perle, che sono sempre un'oasi di buonsenso. Davvero rare in un'era di molto poco rara idiozia.....

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    1. Caro don Chisciotte, deve essere stata molto dolorosa per te questa perdita, per cui mi accosto in punta di piedi a quanto puoi aver provato per esprimerti la mia vicinanza.
      Sposo la tua idea che un problema spesso costituisca un alibi con cui giustificare la decisione di voler gettare la spugna. Quando le difficoltà segnalano un senso unico, occorre avere una motivazione importante, uno scopo granitico, per effettuare un'inversione ad U e accorgersi che la strada era a doppia carreggiata.
      Quanto al lenzuolo, penso che un errore che commettiamo sovente è fraintendere la paura con l'assenza di coraggio. Lo stesso Totò precisava con sardonica ironia: "Il coraggio non mi manca. È la paura che mi frega".
      Ce ne vuole tanto di coraggio per togliersi la vita. Il fatto è che quando suona un campanello, benchè d'allarme, è sempre meglio aprire la porta.
      Antidoti alla paura ce ne sono, però, come per le medicine, con qualcuno sono efficaci, con qualcun altro, è pressappoco bere un bicchiere d'acqua.
      Forse, accogliere le nostre fragilità è un modo per ammettere di aver il diritto di essere deboli. In fondo niente è così rassicurante, come constatare di star comunque camminando sul nostro tallone di Achille. Nonostante i calli.
      Un abbraccio sincero!

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  3. Che bello rileggere le tue riflessioni , condivido questo tuo pensiero, anche se spesso facile non è non farsi travolgere dall' emotività , grazie per la condivisione .🌻

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    1. Sono felice sia di ritrovarti, che di condividere con te lo stesso punto di vista.
      L'emotività toglie lucidità. Assomiglia alla nebbia delle giornate autunnali, per cui si è più propensi a scommettere nel maltempo, che a sospettare che prometta il sole.
      Il mio vuole essere solo uno spunto per guardare alle difficoltà da un'altra prospettiva.
      Grazie a te di cuore!

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